Se gli studenti fanno l'impresa

Studenti e disoccupati sì. Tanti, quasi la metà del totale per la precisione. E comunque molti di più di quelli censiti a Milano e Roma. Manager no, invece. Nessuno. A marcare, anche qui, una differenza sostanziale rispetto a quanto riscontrato nel capoluogo lombardo e nel Paese (inteso come media-Italia). Fatto sta che la Camera di commercio meneghina ha analizzato, con tanto di indagine effettuata proprio in questi giorni, i motivi che spingono ad avviare nuove intraprese. Con il risultato che nello Stivale, ormai, si diventa imprenditore sempre più per necessità. Una «causale» che dalle nostre parti diviene quasi la prassi, se si tiene conto che — dati camerali alla mano — il 64,5% degli intervistati ha spiegato che «aprire un’azienda in tempo di crisi ha rappresentato una via d’uscita per lavorare». E che, guardando sempre alle imprese avviate negli ultimi quindici mesi, quasi 22 mila nella sola area partenoepa, i promotori erano studenti (24%) o disoccupati (18,5%). Complessivamente, quindi, siamo al 42,5%. Percentuale molto più alta se confrontata con quanto avviene nell’area capitolina (28,5%) o in quella meneghina (20,5).

Di contro sotto il Vesuvio, il «peso» degli impiegati nel novero di chi ha avviato un’azienda nel 2009 e nel primo trimestre del 2010, è di gran lunga inferiore a quanto registrato nelle altre due metropoli del Paese. E questo, visto che parliamo di persone con un reddito già acclarato (per basso che possa essere), conferma che l’inizio di un’avvenuta imprenditoriale— a Napoli— è vissuta poco come possibilità concreta di migliorare il proprio status o tenore di vita. Il vero obiettivo, omeglio la vera speranza, è — per chi non ce l’ha — di raggiungere finalmente un’indipendenza economica. Di qui i moltissimi studenti e senza-lavoro che mettono su un’attività spesso fai-da-te. Con l’entusiasmo tipico di chi ci prova, ma anche con i rischi del caso, tanto più se si pensa al comtesto economico della provincia. Prova ne sia, il fatto che l’11% dei neo-timonieri d’azienda nostrani (nelle altre province prese in esame il dato è molto più basso) non ripercorrerebbe più. Il 25% e passa di quelli che si sono imbarcati nel tentativo di diventare manager (spesso di se stessi) ammette che l’iniziativa è in perdita o forte perdita. Il 40 spera in un pareggio dei conti. Mentre solo lo 0,5% dichiara di essere in forte attivo. In linea generale, comunque, la scelta degli imprenditori per necessità, stando ancora alla Camera di commercio di Milano, potrebbe dare il via a un circolo virtuoso, considerando che il 12% delle 510mila nuove aziende avviate negli ultimi 15 mesi nella Penisola prevede di assumere personale di qui a un anno.

La media nazionale degli ottimisti in questo caso coincide pienamente con quella partenopea. Ieri, peraltro, durante il convegno milanese nel quale sono stati illustrati i dati relativi alla ricerca promossa dalla Camera di commercio guidata da Carlo Sangalli è stato presentato anche il libro Inventarsi un’impresa. Come ripartire da se stessi emettersi in proprio, pubblicato da Il Sole24-Ore e scritto da Paolo Gila e da Vito Frugis. Il volume tratta temi quali i rischi nell’aprire un’azienda; propone soluzioni da mettere in atto in tempo di crisi; apre dettagliate finestre sul lavoro autonomo e le ditte individuali, sulle imprese cooperative e il franchising. Per poi dare consigli su come finanziarsi, su come affrontare le questioni burocratiche e su come evitare gli errori più comuni.

Fonte: Corriere del Mezzogiorno